Questo periodo di emergenza pandemica ci ha cambiato e lo ha fatto stravolgendo la nostra quotidianità, modificando le consuete dinamiche relazionali e, soprattutto, affidando speranze e progetti futuri, nelle mani tremolanti di un “vecchio smemorato”. Niente è più come prima, né lo sarà; ed è esattamente questa impietosa consapevolezza a spaventare nel profondo, tanto che, istintivamente, siamo portati a non accettarla, respingerla o sminuirla a tal punto, da ridicolizzarla. Ma esattamente, quale impatto hanno avuto (e tuttora hanno) questi cambiamenti sulla vita di ognuno di noi e quanto pesa il loro riverbero in termini psico-sociali?
Moltissimo e non potrebbe essere altrimenti.
Per loro natura, le relazioni umane necessitano di vicinanza fisica, contatti e legami che nascono e si sviluppano, essenzialmente, in un ambiente contraddistinto dalla condivisione di valori, dal reciproco scambio e dalla mutua accettazione e, volendo citare Carl Gustav Jung: “[…] su ciò che è debole, bisognoso di aiuto e di appoggio…”. Quindi, durante questo periodo, sarebbe naturale quanto doveroso aspettarsi una reazione comportamentale, sia del singolo che della collettività, sostanzialmente in linea con quanto appena detto, ossia rivolta, principalmente, ad una collaborazione sociale in grado di ridurre il rischio di contagio, (a fronte di una sempre maggiore, reale cognizione), pur nel tentativo, legittimo, di preservare quell’idea di libertà personale che, oggi più che mai, è costretta a sottostare a regole e restrizioni, tanto di carattere esogeno quanto di complicata metabolizzazione. Infatti, l’accettazione incondizionata di un divieto richiede, inevitabilmente, una revisione personale delle priorità, revisione tanto più facilmente ammessa, quanto più risulta coerente con la scala di valori di ogni singolo individuo. Tuttavia, una volta accettata l’imposizione, più o meno forzatamente, è fondamentale che essa mantenga pressoché inalterata e per tutto il tempo necessario, la percezione della sua validità impositrice, così da scongiurare inevitabili quanto dannosi meccanismi compensativi. In generale, perché tutto questo accada, è fondamentale che le parti coinvolte, abbiano ben presente quale sia il loro ruolo e l’impegno richiesto. Se da un lato ci si aspetta che l’ente impositore, nella massima chiarezza e trasparenza, inquadri esattamente il problema, definisca precisamente le strategie di contrasto e ponga in essere ogni possibile azione, dall’altro è opportuno (ancorché obbligatorio) che chi è chiamato a rispettare le regole, ne riconosca l’autorità e ne ammetta la valenza, incondizionatamente.
Dunque, la straordinaria forza destabilizzatrice dell’attuale pandemia, unita ad una, quantomeno iniziale, incapacità di contrasto, ha reso il cambiamento necessario. Un cambiamento radicale, personale, quotidiano, dal quale nessuno di noi deve, né può esimersi.
Autore: Gianluca Mori
Classe 1978, laurea in Statistica, opera nel settore delle investigazioni e dell'intelligence privata da oltre dieci anni. Specializzato nella raccolta e nell'analisi delle informazioni è membro dell'ANAI - Albo Nazionale Analisti d'Intelligence. Cultore e studioso di intelligence e investigazioni, ha conseguito un master in Scienze Informative per la Sicurezza e uno in Scienze Criminologiche.
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